15.11.2019 - CON LA PARTECIPAZIONE DI MICHELA ELIGIATO
La strada per Hollywood passa per la Mostra del Cinema di Venezia
La 76esima edizione del Festival di Venezia ha messo d’accordo quasi tutti, premiando – per la decima volta – un film statunitense come Joker. Anche il Lido si è lasciato stregare dai supereroi e l’ha fatto soprattutto grazie al regista Todd Phillips e alla splendida interpretazione di Joaquin Phoenix, che ha saputo regalare all’arcinemico di Batman empatia e pazzia, genio e sregolatezza. Era già successo l’anno scorso con Roma di Alfonso Cuaròn e due anni fa con La Forma dell’acqua di Guillelmo del Toro: Venezia lancia dei film d’autore che riescono a conquistare pubblico e onorificenze. Come una sorta di rituale scaramantico, si percorre il red carpet veneziano per poi arrivare dritti al Dolby Theatre di Hollywood. Tre anni fa questa ascesa toccò a La La Land di Damien Chazelle, il musical agrodolce che non solo aprì le danze della mostra, ma anche quelle della categoria “Concorso”, per poi arrivare ad essere premiato agli Oscar con ben 6 statuette. Nel 2014, con il film Gravity tutta Venezia è volata nello spazio per poi conquistare anche il favore dell’Accademy con 7 statuette. Stessa sorte per The Danish Girl nel 2015 e l’anno dopo per Il Caso Spotlight. Per questa 76esima edizione, il festival di Venezia ha registrato il tutto esaurito degli abbonamenti e dei biglietti vendibili già al 14 agosto, con oltre centomila presenze. Registrando un aumento delle presenza giovanili rispetto agli altri anni. Alberto Barbera è l’artefice di questo successo, riuscendo a fidelizzare un pubblico al festival e sopratutto proponendo anno dopo anno un programma ricco di qualità e novità. E ora è il turno di Joker, che sembra avere tutte le carte in regola per la corsa agli Oscar: 8 minuti di applausi a Venezia, tra ospiti, giudici e spettatori e record come film più visto dell’anno, con il 76% di pareri positivi e milioni di commenti sul web ancora prima che il film uscisse nelle sale (in Italia lo scorso 3 ottobre). E se questo non dovesse bastare, ci sono i numeri a parlar chiaro: in soli 4 giorni la pellicola di Todd Phillips ha incassato 93,5 milioni di dollari in America e 234 milioni a livello globale. In Italia, il cinecomic vincitore del Leone d’Oro ha incassato oltre 6,2 milioni di euro, segnando – nel suo primo weekend d’uscita – uno dei migliori debutti di questa stagione. E se non bastano neanche i numeri, a parlar chiaro sono le lunghe file fuori ai cinema, donne, uomini, ragazze e ragazzi di tutte le età. Francesco, ad esempio, voleva vedere Joker “a tutti i costi”, infatti il suo biglietto l’ha acquistato online in prevendita: poltrona vip. Amedeo invece stringe tra le mani un vecchio fumetto che era di suo zio, è un appassionato di Batman e dopo aver consumato i dvd dei capolavori firmati Christopher Nolan, è pronto a scoprire cosa si nasconde dietro la storia dell’acerrimo nemico del suo eroe di bambino. Alice, invece, aspetta con le sue amiche di vedere sul grande schermo “i più fighi di tutti” (Brad Pitt e Leonardo Di Caprio) in C’era una volta Hollywood. Il fascino di Joker ha saputo conquistare anche la critica, e chi lo sà se oltre al prestigioso Leone d’Oro, riuscirà anche a vincere la celebre statuetta dell’Accademy. La corsa agli Oscar è appena cominciata. Capelli bianchi a caschetto, quasi a spazzola, occhiali dello stesso colore – ne possiede 5000 paia, per la precisione. Uno stile inconfondibile precede il suo nome: Lina Wertmuller stringe, finalmente, tra le mani, l’Oscar onorario 2019, quel premio che tanti anni prima l’Academy le promise solamente. Era il 1978 e, grazie a Pasqualino Settebellezze, Lina Wertmuller diventava la prima regista donna della storia a ricevere una nomination alla massima onorificenza cinematografica. Domenica scorsa, dopo 41 anni, alla presenza di Isabella Rossellini e Sophia Loren che erano lì per l’occasione, la Wertmuller ha ricevuto l’Oscar alla carriera dalle mani della regista di Piccole donne Greta Gerwig, classe 1983 ma già acclamata cineasta, e da Jane Campion, la maestra neozelandese del capolavoro Lezioni di piano che, nel 1994, fu sconfitta anche lei da un uomo: lo Steven Spielberg di Schindler’s List. E proprio su quel prestigioso palco, che ha visto riunirsi alcune tra le donne che hanno fatto la storia del cinema internazionale, la Rossellini, riferendosi alla Wertmuller e a tutto il pubblico, ha esclamato a gran voce: «Questa donna vorrebbe cambiare il nome all’Oscar. Dargli un nome femminile. Chiamarlo Anna. Quindi, adesso, noi donne in questa sala urliamo tutte: “We want Anna!”» Il carisma di Lina ha rubato la scena a tutti, anche agli altri premiati: David Lynch, Geena Davis, Wes Studi e perfino la collega Jane Campion ha dichiarato che “se oggi si possono correggere secoli di dominio maschile, è grazie a lei che ha rivoluzionato gli schemi”. Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich, nome aristocratico e di lontane origini svizzere, ha scritto pagine memorabili nella cinematografia italiana, con il marchio di fabbrica di titoli spesso lunghissimi, un po’ come il suo nome. L’Oscar di pochi giorni fa omaggia pellicole comiche, sarcastiche, tragiche e provocatorie, come Mimì metallurgico ferito nell’onore, Film d’amore e d’anarchia, Ovvero Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…, Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, e da lunedì una stella nella Walk of Fame celebra oltre 50 anni di carriera e onora il sodalizio artistico con Giancarlo Giannini e Mariangela Melato, che hanno segnato la storia del cinema italiano. Recentemente, in alcune interviste, la regista aveva dichiarato che questo riconoscimento era del tutto inaspettato, un premio nato dalla stima e l’amore che l’America ha sempre nutrito nei confronti del suo cinema, che è stato un racconto sulla nostra Italia, sulle sue piaghe, le sue ferite e le sue contraddizioni. Hollywood ha voluto incoronare Lina Wertmuller «per essersi distinta in modo straordinario lungo la sua carriera». «Viviamo in un paese ancora alla ricerca della propria identità nazionale, e questo riguarda anche il mondo del cinema». Oggi i film italiani che incassano di più sono commedie spesso passeggere, capaci di strappare un sorriso ma non di rimanere impresse dietro la retina degli spettatori, nello spazio tra l’anima e il cuore che Lina Wertmuller ha sempre saputo riempiere con la sua migliore qualità: l’autentica ironia.